giovedì 7 agosto 2008

Un racconto: La signora Kristowzca e i meridionali

Decisamente non furono giornate felicissime per la signora Kristowzca, polacca, da venti anni emigrata a Roma, ai tempi della “rivoluzione” wojtyliana. Le avevano telefonato da Cracovia che la sorella stava morendo e d’accordo con la figlia avevano deciso di partire in aereo, per non perdere tempo. Un viaggio di dolore e poche consegne veloci… lasciato il cane “filosofo”, Kant, al fidanzato della figlia, qualche soldo per la spesa, le raccomandazioni alla filippina per la pulizia della casa il giorno dopo. Poi via di corsa, sperando che durante il viaggio non giungessero notizie dolorose. “Almeno poterla rivedere ancora una volta.” pensò la signora Kristowzca “Poterla confortare, poterle parlare ancora”. Erano molto legate le due sorelle.

Giunta all’aereoporto di Cracovia alla signora Kristowzca arriva una telefonata sul cellulare che l’avverte della morte della sorella. La sua speranza di poterla riabbracciare e starle vicino nel momento del trapasso era stata vana. Pensava che avrebbe voluto parlarle ancora, pensava che aveva fatto male ad emigrare in Italia anche se proprio per la famiglia aveva dovuto farlo… lei che non si era mai sposata, che in Polonia non aveva nessuno, era stata mandata in Italia quasi per forza. Maria si rinchiuse nel dolore, nella fatica del viaggio che una donna in età avanzata mal sopporta, nell’angoscia del ritorno col dolore della morte.

Niente da fare, il destino spesso è crudele e la signora Kristowzca si prepara a tornare in Italia con la morte nel cuore. Neanche il tempo di rivedere un po’ la sua città, le piazze, le vie ormai molto cambiate da 20 anni prima. Anche questo acuisce il dolore ed il senso di estraneità a tutte le cose. La figlia, Helena, capisce il dolore della madre, le sta vicino, le tiene la mano in silenzio per tutto il viaggio di ritorno…

A Roma, a Fiumicino, va incontro loro Marco, il fidanzato della figlia… “Maria, mi dispiace, ma mentre eri via qui è successa una cosa terribile. Kant, la notte che sei partita, si è sentito male, ha avuto delle convulsioni e poi non si è più mosso; ha respirato tutta la notte con grande fatica ed io l’ho assistito, non sapevo cosa fare… lo carezzavo sulla testa, gli parlavo, lo bagnavo sul naso e sul muso con un panno umido ma il suo respiro si è fatto via via più affannoso e sibilante e verso l’alba è morto.” Il ragazzo piangeva, diceva che aveva cercato di avvertirla ma che il cellulare non prendeva, avrebbe voluto da lei un suggerimento, un consiglio su cosa fare, forse anche un po’ di conforto. La signora Kristowzca e sua figlia volevano molto bene al loro Kant ma non dissero niente, tornarono a casa, chiamarono un veterinario e lo fecero portare via.

Due giorni dopo la signora Kristowzca andò dal portiere del suo palazzo, un uomo simpatico di circa 50 anni con cui la signora aveva una certa amicizia e si sfogò. Gli raccontò tutto l’accaduto soffermandosi sulla morte del suo cane Kant e dicendogli che invece di accarezzargli la testa e di bagnargli il muso con un panno il ragazzo avrebbe potuto anche fare qualcosa di più, portarlo ad un pronto soccorso veterinario o far venire una guardia medica veterinaria, che so, mille cose poteva fare… chiedere un consiglio ad una farmacia notturna… “no, il cane si sente male è quello gli sfiora la testa… stupido incapace…”.
Più parlava la signora Kristowzca e più si accalorava ed innervosiva, la voce le cominciava a sibilare e l'espressione era sempre più rabbiosa. Era come se sul ragazzo riversasse tutto l’astio per la vita malvissuta e sacrificata che aveva avuto...
Il portiere le fa: “Ma sai, è solo un ragazzo… devi avere pazienza, i ragazzi non sanno affrontare le situazioni difficili”.
Questo lieve accenno a scusare le azioni dell'oggetto del suo risentimento fece perdere totalmente il controllo alla signora Kristowzca. Sibilando e con voce spezzata fra il dolore e la rabbia ma tagliente come lama di coltello disse: “Ma che ragazzo! Quello… quello... quello, è un meridionale… e come tutti i meridionali è inconcludente e indolente!”.
Poi si mise a piangere, sopraffatta da tutto il dolore vissuto.

2008

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